Per i giovani con meno di 35 anni la pensione diventa una meta lontanissima, addirittura si sposta fino a 75 anni, con un assegno medio sui 1.000 euro al mese. Il sindacato Anief torna a protestare perchè non si può lavorare una vita, lasciare il lavoro 15 anni dopo la normalità e ritrovarsi tra le mani un assegno di quiescenza abbondantemente sotto il livello ufficiale di povertà. “È inaccettabile che un under 35 possa andare in pensione a 75 con un assegno di mille euro – sbotta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - è un segnale chiaro che il nostro sistema previdenziale così come delineato non regge. Come si può pensare di lavorare per 50 anni, con una tassazione del lavoro e del reddito superiore al 65% e poi rischiare di ritrovarsi alla Caritas una volta in pensione? La verità è che questo sistema deve cambiare, perché è insostenibile e squilibrato: da settembre partirà una campagna informativa Anief con incontri, assemblee, simulazioni per far partire la mobilitazione e cambiare la riforma”.
“Il nostro sindacato - continua il presidente Anief – intende chiedere modifiche importanti al sistema previdenziale: riscatto gratuito anni di formazione universitaria; tetto massimo contributivo a 41 anni (inclusi i periodi di formazione) con il massimo degli assegni; revisione delle aliquote fiscali e retributive; riconoscimento del burnout per il personale scolastico con finestra speciale a causa del lavoro usurante”. Anief nel frattempo consiglia di chiedere il riscatto degli anni di formazione e universitaria già durante i rapporti di lavoro a tempo determinato e di procedere sicuramente con la pensione complementare Espero, ma anche di avviarne una parallela bancaria. Per quest’ultimo servizio, la pensione complementare bancaria, Anief ha attivato la convenzione con Banca Mediolanum al cui consulente è possibile chiedere una simulazione appropriata.
IL DRAMMA DELLA PENSIONE RITARDATA CON ASSEGNO MINI
Ogni lavoratore può realizzare una stima, in base al suo stato lavorativo-previdenziale, su quando andrà in pensione e su quanto percepirà: a questo scopo, l’Istituto nazionale di previdenza sociale ha messo a disposizione un simulatore on line. Se, ad esempio, si applica il simulatore Inps ad una giovane docente (classe 1988) precaria che ha iniziato a lavorare come supplente già a 25 anni (con 10 anni di contributi ad oggi e iscrizione a fondo Espero), e senza riscatto degli anni universitari, risulta che questa andrà in pensione di vecchiaia a 74 anni o con pensione anticipata a 69 anni ma con un assegno della metà (circa 750 euro).
LE ALLARMANTI PROSPETTIVE PER I GIOVANI
L’allarmante prospettiva, in passato più volte denunciata dal sindacato, è stata di recente evidenziata da Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, che ha espresso forte preoccupazione per questa tendenza, poiché, considerando la discontinuità lavorativa e le basse retribuzioni, molti giovani potrebbero ritrovarsi con pensioni appena superiori agli assegni sociali. Secondo le ultime proiezioni di Eures, per gli attuali under 35 lavoratori la pensione media potrebbe essere soltanto di 1.577 euro lordi mensili per i dipendenti e di 1.650 euro per coloro con partita Iva.
Al Sole 24 Ore, Alessandro Fortuna, specialista in politiche occupazionali e previdenziali, evidenzia che l’attuale sistema, basato sul calcolo contributivo, non solo perpetua le diseguaglianze ma penalizza ulteriormente i lavoratori con redditi più bassi. La beffa è che l’Italia presenta una spesa pensionistica pari al 17,6% del PIL, la seconda più alta nell’UE27. Il vero colpevole? La disparità retributiva: i giovani percepiscono compensi troppo bassi e quindi l’incidenza previdenziale è scarsa. Inoltre, dal 2011 al 2021, i contratti a tempo indeterminato tra i giovani sono diminuiti del 10%. Riconoscendo questa critica situazione, il CNG chiede con urgenza una “pensione di garanzia” per i giovani, che includa supporto e copertura per periodi di formazione e fragilità salariale.
LA PROPOSTA ANIEF-CISAL
In occasione del confronto sulle pensioni tra Governo e parti sociali dopo quattro mesi di stop, il 26 giugno scorso Cisal ha predentato al ministero del Lavoro un documento con misure specifiche per garantire la dignità degli assegni pensionistici in particolare modo per chi oggi è legato al sistema previdenziale “puro” contributivo: “La verità – conclude Pacifico – è che occorre garantire di andare in pensione con il massimo dei contributi che non possono essere inferiori all'80% dell'ultimo stipendio: qualsiasi riforma pensionistica deve partire da questo punto-base, oltre che incentivare l’anticipo pensionistico per tutte le professioni logoranti, come quelle che si svolgono a scuola, senza più penalizzazioni nell’assegno di pensione”.
“Tra il personale scolastico – ha aggiunto Pacifico - c'è un alto rischio di burnout e servono soluzioni concrete per evitare di lasciare il lavoro con patologie che gravano sulle persone e sullo stato sociale: iniziamo a riconoscere il riscatto gratuito degli anni di formazione universitaria, ad estendere il carattere gravoso del lavoro a tutto il personale, ad introdurre agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari per rivalutare anche quello che ad oggi è soltanto un contributo figurativo da parte dello Stato”, ha concluso il sindacalista.
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